martedì 13 settembre 2011

L'evoluzione dell'uomo nella doppia lettura del codice zodiacale


Lo Zodiaco tropico a cui fa riferimento l’astrologia occidentale è un codice simbolico che ci parla di come ogni cosa nasce, cresce, muore o si trasforma su questo nostro pianeta. Riuscire a interpretare il codice ci offre quindi la possibilità di comprendere le leggi che governano la vita sulla Terra.
 
In questa nostra dimensione, ogni cosa, ogni essere, ogni idea nasce simbolicamente in Ariete, grazie alla forza del desiderio di esistere e alla disponibilità a sacrificare il proprio potenziale energetico insite in questo segno marziano.
Qui avviene il primo sacrificio, un sacrificio di energia e di potenziale, in cui l’essere spirituale che sostiene la manifestazione fisica accetta di abbassare la propria vibrazione per potersi immergere nella materia.
 
Nella fase Toro, ciò che è nato in Ariete si consolida e acquisisce sostanza, prendendo coscienza della propria dimensione materiale e fisica e del potere che essa conferisce. Qui si consolida contemporaneamente anche l’ombra, che però in questa fase è perlopiù invisibile e viene quasi totalmente proiettata all’esterno, sugli oggetti, le persone o l’ambiente.

In Gemelli ciò che si è manifestato fisicamente in Ariete impara a scambiare con l’esterno e a riconoscere la dualità insita in ogni cosa, imparando a discriminare tra luce e ombra. Qui si acquisisce il potere di agire sulla materia sfruttando la differenza di potenziale che si crea nell’interazione tra lo yin e lo yang.

In Cancro l’essere si radica, imparando ad autoproteggersi e al contempo a riconoscersi come parte integrante di un nucleo di appartenenza da cui trae origine la sua manifestazione fisica e da cui è condizionato. Qui c’è l’aggancio tra il karma personale e il karma familiare e ancestrale, ed è in questa fase che ciò che è nato in Ariete compie il suo secondo sacrificio, rinunciando a parte della propria autonomia affinché tutto il tessuto sociale che ha supportato la sua nascita possa avanzare insieme a lui.

In Leone l’essere comincia a replicarsi, a dare vita a cose o esseri simili a sé, grazie ai quali tramandare gli elementi di unicità che ha sviluppato e creare una linea di continuità, che garantisca che il processo globale non si interrompa al termine del ciclo vitale del singolo.

In Vergine ciò che è nato in Ariete comincia a percepire i limiti insiti nella propria condizione. Questa è una fase piuttosto critica del ciclo, in cui la comprensione delle regole che governano il piano materiale serve alla definizione e alla presa di coscienza di un ordine naturale delle cose, a cui ci si deve necessariamente adattare.

A partire dagli ultimi dieci gradi della fase Vergine, l’essere o il modello che dir si voglia, comincia ad invertire la propria polarità e a intraprendere la seconda parte del suo viaggio, quella che lo riporterà all’origine.
Ed è proprio in questa inversione di polarità che incontriamo l’altro, l’altro da noi. Forse, lo scoprirci nella fase Vergine all’interno di un meccanismo fortemente limitato e regolato ha un effetto talmente claustrofobico per l’anima da innescare la nostalgia per l’Uno senza limiti e confini da cui è emersa la sua manifestazione individualizzata. E’ dunque questa nostalgia di fusione con l’Uno che ci fa ricercare l’altro da noi in Bilancia, con cui dobbiamo imparare a relazionarci in modo equilibrato e armonioso, senza cadere nella trappola delle istintuali dinamiche di potere.

Se questo delicato passaggio di apertura all’altro avviene in modo corretto, nella fase Scorpione possiamo sperimentare la fusione intima e profonda con l’altro; se invece prevale l’ombra dell’insicurezza e della paura, avrà la meglio il bisogno di esercitare il controllo sull’altro e sulla relazione. L’altro, invece di conferirci il potere di divenire un canale attraverso il quale rientrare in risonanza con l’Uno e la sua vibrazione d’amore, si trasforma nel nemico da conquistare o da cui difendersi.

Se a prevalere è la paura, nella fase Scorpione si sperimenta un senso di profonda delusione, di morte, come se Dio stesso fosse morto o ci avesse abbandonato e davanti a noi non ci fosse che il nulla.
La fase centrale dello Scorpione corrisponde al momento più critico del ciclo. Qui avviene il terzo sacrificio, quello del primato della volontà e delle pretese di autodeterminazione dell’Io. E’ la buia notte dell’anima, in cui tutto sembra perduto, e la cui inevitabile conclusione è la resa, il rendere metaforicamente l’anima a Dio, perché qui c’è la reale presa di coscienza di non avere alcun potere di intervento sul processo di nascita, morte e rinascita. Se non si ha fede nella possibilità di una rinascita, si può anche abbandonare ogni speranza e persino morire, fisicamente o spiritualmente. In tal caso, la rinascita ci sarà comunque, ma in un nuovo ciclo vitale.

Se invece si saprà attraversare con fede l’apparente assenza di luce della fase centrale dello Scorpione, sarà possibile sperimentare la rinascita all’interno dello stesso ciclo vitale, recuperando forza e creatività in Sagittario, assieme ad una conoscenza più ampia e articolata dei processi vitali, acquisita proprio grazie alla capacità di superamento della crisi scorpionica.

In Capricorno questa conoscenza viene messa a frutto per costruire strutture equilibrate e armoniose che durino nel tempo, una testimonianza concreta, incisa nella pietra, di ciò che, grazie alla sofferenza o all’unione col divino, abbiamo compreso. Questa è la fase di massima realizzazione nel mondo, quella in cui si può lasciare un’impronta durevole, che serva da faro a chi verrà dopo di noi.

In Aquario ci viene poi chiesto di comprendere che ciò che abbiamo costruito nella fase precedente non è qualcosa che ci appartiene e a cui possiamo aggrapparci. Trattandosi del nostro personale contributo alla società e alle generazioni future, ciò che abbiamo costruito in Capricorno non è un patrimonio esclusivamente nostro, ma qualcosa che va condiviso su di un piano orizzontale con il nostro prossimo, affinché chi è affine a noi e in grado di fare tesoro del nostro operato abbia l’opportunità di poterlo incorporare nel suo patrimonio di conoscenze, affinché la conoscenza acquisita non vada perduta.

A questo punto non ci resta che immergerci nelle acque della fase Pesci, le acque purificatrici della madre-mare, della Matrix/Sophia, in cui dissolvere tutte le inutili scorie del vecchio ciclo vitale ormai giunto al suo termine, affinché l’essenza dell’esperienza vissuta possa essere estratta come un prezioso elisir, che sarà il solo bagaglio che l’anima porterà con sé e di cui si nutrirà nel passaggio ad un nuovo ciclo vitale.

In questa fase, la capacità di estrarre l’essenza può arrivare ad avere persino un effetto trasfigurante sull’esperienza vissuta, donandoci l’opportunità dell’ultimo atto creativo possibile, quello artistico. L’esperienza trasmessa attraverso l’arte parla un linguaggio universale e trasversale, l’unico in grado di penetrare le barriere del tempo. L’ultimo atto creativo resterà vivo per sempre, andando così ad arricchire il bagaglio delle conoscenze più elevate dell’anima del mondo.

Questo è lo Zodiaco così come ci viene solitamente presentato, nella sua sequenza antioraria dall’Ariete ai Pesci: un percorso che sembra indicare il processo di sviluppo della vita biologica sulla Terra secondo tempi assimilabili più o meno alla vita umana, mentre nella sua sequenza oraria dai Pesci all’Ariete, sembra scandire i tempi millenari dell’evoluzione della vita sulla Terra in relazione alla coscienza cosmica.

Se questo è vero, circa 2000 anni fa è accaduto un evento straordinario. E’ iniziato un nuovo ciclo evolutivo dell’uomo cosmico, cioè dell’uomo inteso come coscienza cosmica incarnata e individualizzata.

La chiave di volta per capire chi siamo e dove stiamo andando sta proprio nel significato dell’ultimo segno, quello dei Pesci. Un segno strano, in genere difficile da inquadrare, perché nella sequenza antioraria, cioè quella dall’Ariete ai Pesci, rappresenta sia l’ultima fase della vita intrauterina, che prelude alla nascita fisica, sia l’ultima fase della vita, in cui ci si prepara al distacco dal piano materiale per passare ad un’altra dimensione dell’essere, di natura immateriale e spirituale. Nella sequenza oraria, invece, il segno dei Pesci ci parla di una nuova nascita, che emerge non più dalle acque oceaniche ma dal fuoco primordiale dell’Ariete, una nascita quindi che non avviene nel corpo, ma nello spirito. E probabilmente il glifo dei Pesci cela in sé proprio la conoscenza del significato di questa doppia lettura dell’ordine dei segni zodiacali.

Circa 2000 anni fa, col passaggio del punto vernale dall’Ariete ai Pesci, è nato l’Uomo Nuovo, ma nonostante qualcuno sia venuto a recarci la buona novella, quasi nessuno l’ha riconosciuto, perché è stata una nascita avvenuta su di un piano puramente spirituale, quello che un teologo definirebbe come la mente di Dio. La dialettica che si gioca sull’asse Pesci/Vergine ci dice che ad un certo punto, le acque cosmiche sono state fecondate da una scintilla del fuoco primordiale facendo emergere la possibilità, ancora solo potenziale, di una nuova umanità, che una Vergine terrestre, ossia questo nostro pianeta, si è fatta carico di concepire, di attualizzare nel suo grembo.

Il prossimo passo, che consisterà nel passaggio dell’asse precessionale sull’asse Aquario/Leone, farà sì che questa energia potenziale concepita a livello spirituale si condensi fino a formare un corpo, che in questo caso, data la natura dell’Aquario, non sarà di carne, ma di pura energia, che, grazie alla dialettica dell’Aquario con l’opposto segno del Leone, si coagulerà attorno ad un nucleo radiante centrale di autocoscienza, dando così vita al Sole o cuore spirituale, che tramite il piano animico del Cancro si fonderà definitivamente al corpo fisico in Capricorno nel successivo passaggio sull’asse Capricorno/Cancro.

Questa doppia lettura della sequenza zodiacale mostra dunque come ogni singola vita contribuisca alla nascita dell’Uomo Nuovo e quale sia l’interazione tra due ordini di grandezza apparentemente tanto diversi tra loro.

Un detto del buddismo zen dice che una quercia viene creata contemporaneamente da due forze: la ghianda, cioè la forza del seme, dalla quale tutto comincia, con tutte le sue promesse e il suo potenziale, e la forza dell’albero futuro, che ha un desiderio così forte di esistere da spingere la ghianda a svilupparsi, a uscire dal vuoto, guidando la sua evoluzione dal nulla alla maturità.

I buddisti zen dicono che è l’albero della quercia ciò che crea la ghianda dalla quale esso nascerà.

Allo stesso modo la forza del desiderio di esistere dell’Uomo Nuovo è talmente grande da dare vita a noi, suoi semi, dai quali Egli un giorno sorgerà come un Sole, in tutto il suo maestoso splendore.

Prima parte dell'intervento che ho presentato in occasione del Convegno "Il Mandir della Pace ", che si è tenuto presso il Cenacolo Francescano di Assisi il 9,10 e 11 settembre 2011.

2 commenti:

Simona ha detto...

Bellissimo e poetico!
Mitica prof!! :P

Alessandra Lanzoni ha detto...

.. e voi siete i miei mitici allievi :-)